mercoledì 30 marzo 2016

FASTING ...

FASTING …
   Solitamente parliamo di “banchetti”. Lo faremo anche oggi perché il ricordo da cui parte la mia riflessione è proprio da due magnifici banchetti: uno a base di pesce e l'altro un menù d'autunno.
Entrambi furono organizzati per Don Luca: una volta entrava come parroco della nostra cittadina, una volta ne usciva. In entrambi i casi fu festa, perché quando si amano delle persone si vuole il meglio per loro e che andare o venire poco conta.
Nel primo caso si era ospiti di Cecilia, un'amica comune. La bontà della serata venne dalla compagnia, dalla bene- dicenza - rara ai banchetti e dalla freschezza del pesce che Cecilia stessa cucinò semplicemente e quindi benissimo. La bontà è tale già cruda. Il pesce si accompagna al buon olio, a poco aglio, a limone o pomodoro fresco. Un po' di vino bianco tranquillo, prodotto in Chianti in parsimonia: fu un'ottima serata.
   Anni dopo Don Luca si sentì male, benché giovane. Io, che lo sono più di lui, già mi ero sentita poco bene sempre a seguito dello stress, come oggi diagnosticano con buona probabilità di centrare la diagnosi molti medici assai rapidamente e molto superficialmente. Lasciai la mia sede di lavoro e terminato l’incarico amministrativo mi trasferii: Don Luca fece lo stesso.
La Comunità nell'autunno seguente organizzò una cena d'autunno che ci riunì nuovamente.
Ormai ristabiliti partecipammo insieme a molti altri. La direzione del pranzo fu affidata a una parrocchiana diplomata all'Alberghiero e il servizio fu impeccabile: tavola decorata con bacche rosse su toni di verde, l’arancio e marrone ricercati dai piatti ai tovaglioli di carta con un dolce al cucchiaio servito in una ninfea di carta che celava il contenitore in alluminio, realizzata con le sue mani e dai giovani collaboratori; zucche, castagne e profumi d'autunno aprirono e conclusero il pranzo.
Cecilia questa volta era a collaborare in cucina insieme al marito, Fabrizio, diretti dalla Signora Congiu.
Perché ricordo queste persone e queste occasioni di banchetto oggi? Perché penso all'animalità dell'uomo: "Che il Cibo sia la Tua medicina, e che la Medicina sia il Tuo cibo" diceva Ippocrate ed è naturale nella festa banchettare, nel dolore digiunare ... Ci sono tanto il riso, energia, piacere e gioia nel primo, quanto silenzio, rallentamento, riflessione, forza interiore nel secondo.
Don Luca, Cecilia, Fabrizio e io, per citare solo alcuni di quei banchetti, siamo gli stessi che dal 20 marzo si sono saziati di dolore. Il cibo è diventato “ medicina” e senso di colpa per metterlo in bocca senza gusto e con nessuna voglia.
Cecilia e Fabrizio sono fra i genitori che sono andati in Spagna a prendere le spoglie della giovane figlia, Lucrezia, morta a causa dell'incidente avuto col pullman dell'Erasmus. Conosceva le lingue molto bene. Avrebbe vissuto a N.Y. Era fidanzata. Insegnava catechismo e nel 2013 era stata in Terra Santa. Mangiava, a differenza di molte giovani, ed era sempre in movimento perché attenta alla cura della sua persona. Inutile dire che era bellissima oltre che brava ...
   Tutti hanno notato in televisione e sui giornali quanto fossero tutte belle e brave. Il punto è abituarsi a “fare digiuno di lei”, tornare al senso della festa senza di lei. Prima non l'ho nominata mai, eppure c'era, altrimenti non sarebbe stata festa. Oggi, dunque, volevo essere vicina a tutti i nostri lettori che si trovano a trascorrere le feste, mangiando amaro: intorno, giustamente!, la vita continua, ma chi è toccato così profondamente non sa da che parte rifarsi. Bene dove ci sono dei giovani che con un realismo tutto concreto ti spingono alla necessità di rientrare nel quotidiano, a riaffrontare la successione del tempo che non si è fermato per tutti, ma per la nostra Lucrezia sì. La pensi, allora, seme a dischiudersi sotto la terra nera che offende sempre sulle giovani vite spezzate, ma poi ricordi che terra in greco è ghe. Se lo ripeti dieci, venti volte, scopri che è il verso di ogni essere appena nato: chiama per nome la prima madre, la terra, terra madre. Allora pensi che Lucrezia è accoccolata nel palmo di Dio Padre e nel ventre della Terra Madre. Scopri che è lei a banchettare nell'alto dei cieli in piena letizia, perché quando si amano delle persone si vuole il meglio per loro e che sia andare o venire poco conta.
Ci ha solo preceduti, e che non ci deve essere colpa ad avvicinarci nuovamente alla tavola.
Il CIBO deve ora sostenerci per il viaggio che questa vita è per ognuno di noi e bisogna riunirci in letizia per lei.
   E allora vorrei che di noi si dicesse “Folli sono questi cristiani che cantano e ballano quando un fratello muore! ”, proprio come si diceva dei primi cristiani, hanno tutti cantato e ballato, folli per il dolore della perdita e lieti di pensare Lucrezia accoccolata nel palmo del Padre … ”

Lorella Rotondi

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