domenica 23 agosto 2015

IL PANE A FIRENZE

Il Pane e Firenze
Sotto la pioggia fame, sotto la neve pane …
- Anonimo proverbio popolare -
   Fino a pochi anni fa, il pane era considerato una benedizione della terra.
“Il pane si trova già nella terra, ma solo l'uomo sa fare tutte le lavorazioni necessarie a produrre un buon pane: arare, seminare, mietere e trebbiare sono solo alcune delle numerose azioni che servono per ottenere un buon grano”.
Rispettare i tempi naturali di maturazione ed una corretta lavorazione, saranno una garanzia ulteriore del prodotto.
Un' antica nota del Lastri ci dice quali pietanze fossero in uso a Firenze fra i facoltosi, senza mancare di specificare l'uso di piatti bianchi in maiolica come a dire che “forma e contenuto” vanno di pari passo e non come si crede oggi nelle diffuse contaminazioni senza stile, spesso frutto più di ignoranza che di cultura.
Così veniamo a sapere che per San Giovanni, 24 giugno, “ … in tre piatti di maiolica bianca una minestra di vermicelli, libbre quattro di porco salato a lesso, ed una spalla di castrato arrosto; e quando detta solennità cada in giorno di magro, tre piatti di maiolica bianca entrovi mezzo cacio cotto, con minestra di libbre due di vermicelli, e la quota parte di una torta di uova e cacio, nella qual torta erano cinquanta uova”.
   Qualsiasi testo riguardante la cucina toscana avvia la trattazione coi sapori e profumi della cucina povera dove il pane raffermo è il protagonista: Panzanella e Pappa al pomodoro in estate e Ribollita nelle altre stagioni.
Panzanella e Pappa andavano accompagnati ad un vino rosso preferibilmente allungato, perché questo meno si scontrava col sapore acidulo dell'aceto della Panzanella e del dolce-acido del pomodoro della Pappa, poi perché questo consentiva la ripresa dei lavori nei campi e ... perché questo dissetava dall'arsura estiva.
Altra cosa, s'intenda!, dal vino dell'11 novembre, il vero acquerello, di cui ben ci riferisce il sommelier fiorentino Stefano Poli “ … in Toscana, non abbiamo una grande tradizione di vino novello. Il primo vino che veniva bevuto da noi, era “l’acquarello” e mi sembra interessante ricordare come veniva prodotto: si otteneva facendo fermentare per alcuni giorni le vinacce, a cui veniva aggiunta dell’acqua … ”.
Il risultato era una bevanda con i sentori e i profumi del novello attuale, ma con un titolo alcolometrico decisamente più contenuto che si attestava sul 5-6%. Chiaramente, per il suo basso titolo alcolico, non era una bevanda commercializzabile, ma veniva consumato perlopiù in famiglia abbinandolo ai prodotti tipici del periodo, come le caldarroste, la polenta di castagne, etc.” Il vino Novello viene disciplinato in Italia solo nel 1989.
Ma se il vino ritempra lo spirito, il pane ritempra le forze.
   Per i piatti di pane, il “brutto e buono”  a legna può essere consigliato. Ottimo fresco, non perde qualità da raffermo.
E' proprio perché abbiamo perso il senso del pane, ma mangiamo solo pane dietetico, il cui vantaggio è di non farci ingrassare, che noi, uomini moderni, siamo spesso obesi”, come riportato ne “Il pane di ieri” di Enzo Bianchi, Priore della Comunità di Bose.
E forse andrebbe ricordato il proverbio “ … gli affamati corrono verso il pane, perché il pane non corre verso la fame”.
   Innanzitutto per la panzanella occorre pane toscano, sciocco, macinato a pietra e cotto a legna. Va fatto bagnare in acqua e sbriciolato, poi strizzato bene. In una insalatiera si fa sposare alla cipolla dolce tagliata sottile sottile, ai pomodori sbucciati e fatti a pezzettini, abbondanti foglie di basilico, cetriolo affettato. Se gradite e se la panzanella viene consumata alla svelta, si possono mettere qualche fogliolina bianca di lattuga dell'orto. In una tazza si sbattono abbondantemente olio, aceto, sale e pepe, si versa sul preparato e si mescola a lungo. Si serve fredda , meglio se un paio di ore dopo averla preparata. C'è una variante chiantigiana che ne fa piatto unico estivo aggiungendoci il tonno, ma non è una ricetta “filologica”.
   La pappa al pomodoro prevede che si soffrigga in olio extravergine di oliva una cipolla, o porro, tagliati a fettine.
Quindi si aggiungeranno in abbondanza pomodori e un po' di conserva. In un tegame di coccio si starà indorando il pane raffermo spezzettato con poco aglio e molto basilico. In questo tegame andrà versato il contenuto dell'altro e si farà ancora bollire sino a far diventare “una pappa”, appunto. Si servirà con un cl di olio extravergine d'oliva. Se avanza, cosa rara! si fa ribollire ed è ancora più buona.
   Occorrendo il cavolo per la ribollita, come per le fette ed il freddo per la Farinata con gli zoccoli, si dirà più avanti.
Ora si ricorda di piantare a fine agosto inizio settembre lo zafferano che si raccoglierà in ottobre. In alcune fattorie toscane, è possibile mangiare pane allo zafferano, ma anche pasta, zuppe e minestre, riso, carni, pesce, contorni, dolci, salse e tisane. Nel 2002 si costituì il Comitato promotore per la denominazione di origine “ Zafferano delle colline fiorentine” Zima di Firenze e nel 2003, anno in cui uscì anche la favola per bambini Zaf e Rano, si intese ri-educare la Toscana, o meglio la zona da Pontassieve abbracciando il Chianti Fiorentino, a questo meraviglioso e preziosissimo prodotto.
Paolo Saturnini e Marco Mazzoni hanno curato per Edizioni Aida Firenze, 2010, “Giallo in cucina” ed offrono una ricca gamma di utilizzazione dello zafferano, per altro prodotto da Marco Mazzoni nella sua Azienda Corte di Valle.
   Rintrodurre lo zafferano, si diceva. Quindi c'era anche prima? Certamente.
Non poteva mancare alla corte di Lorenzo lo status symbol di tutti i tempi. Il Magnifico sarebbe stato meno Magnifico se anche alla sua tavola non si fosse consumato zafferano, oro degli dèi.
Stando a Gionni Pruneti, dell’omonima Azienda Agricola di San Polo, il fiore veramente raffigurato nello stemma di Firenze è il giaggiolo o iris, per altri potrebbe essere il fiore di zafferano per via dei prepotenti stimmi o il giglio viola. La questione può sembrare di lana caprina ma, leggiamo nel sito dell'Azienda Pruneti “ … dal punto di vista botanico, l'iris appartiene alla famiglia delle IRIDACEE, come il CRUCUS  SATIVUS o ZAFFERANO, mentre il giglio, che a Firenze spesso è sinonimo di iris e giaggiolo, appartiene a quella delle LILIACEE”.
Gionni e suo fratello Paolo producono zafferano, vino e ottimo olio, premiato nel 2015 con le tre foglie del Gambero Rosso per l'olio bio-monocoltura, ed amano il chianti fiorentino a tal punto da rendere famosi nel mondo questi prodotti, puntando esclusivamente sulla qualità, genuinità ed assoluta tipicità.
Dal 23 al 29 giugno, l’Olio Extravergine Pruneti è stato presente a Milano del Fuori Expo del Chianti Classico nella suggestiva sede della Società Umanitaria in Via Daverio 7.
   Una buona occasione per pane e olio, un cibo che segna una civiltà. Energia del mondo? Anche, ma soprattutto semplicemente buono e come disse Miguel De Cervantes nel Don Chisciotte de la Mancia “ … è mai possibile averne abbastanza di una cosa buona?”

Lorella Rotondi

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